Vista dalla finestra a Le Gras (1826)
Una storia lunga millenni. La fotografia come oggi la conosciamo attua il suo processo di concretizzazione solo all’inizio dell’800, basandosi su scoperte e studi iniziati anni prima, all’epoca dell’antica Grecia. Inizialmente si afferma nel tempo come procedura ottimale per la raffigurazione di paesaggi e architetture, per poi divenire lo strumento atto a rappresentare la nascente classe sociale borghese. Lo sviluppo della fotografia ha finito per acuire la sensibilità e il culto del bello, dei motivi semplici, ma linearmente perfetti.
Già Aristotele, intorno al 350 a.C. osservò che la luce, passando attraverso un piccolo foro, proiettava un’immagine circolare. La prima definizione di “camera obscura” la dobbiamo però allo studioso arabo Al-Haitham. Riprese la definizione poi il genio a tutto tondo Leonardo, che studiando la riflessione della luce su superfici sferiche descrisse una camera oscura come “Oculus Artificialis”. Gerolamo Cardano poi, intorno al ‘500, con l’inserimento di una lente convessa capì come aumentare la luminosità delle immagini riflesse, mentre il veneziano Daniele Barbaro, inventò per la prima volta una sorta di “diaframma” al fine di ridurre le aberrazioni.
L’unione dei vari elementi tipicamente fotografici, seguita dalle prime ricerche di tipo chimico sull’impressione di luce su vari materiali quali nitrato e cloruro d’argento, si concretizzò in Thomas Wedgwood, che ne sperimentò l’utilizzo già nei primi anni dell’800 , pubblicando le sue ricerche su di un importante giornale scientifico inglese, ammettendo di non riuscire però ad interrompere il processo di sensibilizzazione della luce. L’interessamento di Joseph Nicèphore Nièpce fu fondamentale nello sviluppo della tecnica fotografica: un foglio bagnato di cloruro d’argento ed esposto all’interno di una piccola camera oscura aveva prodotto l’immagine voluta, solo che al contrario e invertita. con oggetti bianchi su fondo nero. L’insoddisfazione di Nièpce portò a scoprire che il bitume di Giudea era molto più sensibile alla luce e, cosparso su una lastra di peltro, riuscì a riprodurre perfettamente l’incisione di un cardinale dell’epoca. La chiamò “eliografia”, disegnare con il sole, e mostrò i suoi successi , senza svelare completamente i procedimenti, alla Royal Society di Londra, che non accettò di supportarlo e che lo spinse a tornare a Parigi e mettersi in contatto con un altro pioniere della fotografia, Daguerre, che continuò il lavoro di Nièpce dopo la morte dello stesso. Nel 1837 Daguerre era riuscito ad ottenere una “Natura Morta” di tutto rispetto, con alta qualità di dettagli. In pochi anni la tecnica girò il mondo e interessò soprattutto gli artisti, che , osservando tali capolavori così fedeli alla realtà, si videro privati del loro lavoro, quello di rappresentazione della realtà.
Il mondo dell’arte quindi si divise: una parte degli artisti condannava a pieno la nuova tecnica considerandola un’inutile rappresentazione della realtà, priva di ogni tecnica e impronta umana. L’altra parte invece guardava con grande interesse allo sviluppo della fotografia, considerandola invece come un ottimo spunto per poter lavorare meglio in atelier evitando la tipica fretta impressionista. Ma la bolla di inferiorità rispetto alla pittura fu attribuita alla fotografia fin dalla sua prima diffusione. Poteva uno strumento tecnico (chimico/ottico/meccanico) esprimere una sensazione artistica individuale? Nella lotta all’innovazione, come da secoli, si pone in primo piano la chiesa, considerandola addirittura “confinante con il sacrilegio”.
Ma più forte di tutto e tutti, quest’arte si è sviluppata incredibilmente veloce e come un vento freddo ha congelato le immagini di mezzo secolo, una prima testimonianza diretta della storia come è stata vissuta direttamente e non attraverso il filtro mentale di un qualche pittore.
Il novecento è il secolo della rivoluzione fotografica: nel 1888 nasce la più grande multinazionale fotografica di sempre, l’Eastman Kodak Company , con sede a Rochester, New York, e grazie anche allo sviluppo tecnologico dei mezzi di comunicazione/trasporto è riuscita ad esportare in tutto il mondo i suoi prodotti. Il motto di questa società era (capirete più tardi il perchè di questo tempo verbale) aprire questo mondo praticamente a tutti: la fotografia doveva essere alla portata di qualunque essere umano volesse impressionare immagini su pellicola, si, la pellicola che adesso ci sembra tanto lontana, fino a vent’anni fa era l’unico modo per riprodurre immagini. Carl Zeiss, Agfa, Leica, Ilford, Voigländer e Polaroid seguirono a ruota libera, aprendo nuovi orizzonti e rendendo gli apparecchi fotografici sempre più diffusi nella borghesia e nella classe emergente, al contrario di qualche anno prima in cui gli unici a godere della fotografia erano i ricchi ( chi non ha mai visto nei film il fotografo nascosto sotto il velo nero a impressionare scene di banchetti o salotti??).
Ebbene il tempo passa veloce, la fotografia riesce a diventare lo strumento per documentare la storia per eccellenza. Due guerre mondiali, una guerra fredda, nuovi stati emergenti, muri che crollano, città rase al suolo: tutto è stato documentato per filo e per segno dai fotografi d’assalto, la passione diventa un lavoro e tutti, anche chi non aveva la minima idea di cosa fosse una trincea adesso poteva rivivere ,attraverso scatti, gli attimi duri e crudi del campo di battaglia,ma quella è un’altra storia…
La fotografia, ormai perfezionata in luce, tecnica,versatilità e compattezza, vede gli albori della nuova era, quella dell’informazione, in cui sono messe in discussione tutte le scoperte di tipo chimico-fisico per dare spazio all’elettronica e all’ingegneria del software. Tutto cambia. Improvvisamente ci si ritrova a immagazzinare fotografie, non più sul rullino da 26/32 fotografie, su memorie poco più grandi di un dente, capaci di contenerne a miliardi, in altissima definizione. Una rivoluzione che dura qualche anno, cominciata negli anni ’90 e in continua evoluzione all’alba del nuovo millennio. Cambia il modo di concepire la fotografia. Tutti hanno un apparecchio fotografico,tutti possono scattare milioni di foto, tutti possono condividere le proprie “opere d’arte”, tramite il web, questa nuova creatura che è diventato il paradiso dell’arte fotografica. Abbiamo raggiunto gli apici dello sviluppo, uno sviluppo triste però che porta aziende storiche a dichiarare fallimento e stop alla produzione di rullini. Nel febbraio 2012 la Kodak mette fine alla produzione dei rullini che tanto l’avevano resa famosa, per dare spazio a “mostri” tecnologici come le asiatiche Nikon e Canon. Muore l’analogico, vola il digitale.